The Art of the Brick: Lego alla ricerca della felicità

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_mg_6773_bis_rdMattone dopo mattone, alla ricerca della felicità.

Penso che queste siano le parole più concise ma allo stesso tempo più significative che mi sovvengono alla mente dopo aver visto “The Art of the Brick” di Nathan Sawaya, artista americano in mostra a Milano dal 19 Ottobre 2016 al 19 Gennaio 2017 presso la Fabbrica del Vapore.
La mostra pone al centro di tutto il famosissimo mattoncino Lego, che in questa esposizione è capace di andare ben oltre alla semplice definizione di giocattolo. Il mattoncino infatti racchiude in sé molte sfaccettature, che vengono manifestate dall’arista in un modo unico ed incredibile.

È toccante poter constatare come questa mostra non solo coinvolga i più piccoli, che vendono nel Lego un gioco usato in maniera originale e creativa, ma anche e soprattutto, gli adulti. L’artista, attraverso le sue opere, si racconta: laureato in giurisprudenza e avviato verso la sua carriera d’avvocato, si sofferma ad interrogarsi su ciò che dia la possibilità alla sua creatività e alla sua fantasia di manifestarsi; comincia così il suo cammino artistico, creando opere con i Lego.

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Ciò che più mi ha colpita è come quest’uomo sia stato capace di avere il coraggio di inseguire i propri sogni, nonostante i dubbi e le preoccupazioni che possono limitare ad una realtà spesso severa e paralizzante.
La mostra si articola su più spazi, incentrandosi su tematiche diverse: dapprima ci si sofferma su opere che rappresentano i soggetti più svariati, ma che non possono non lasciare di stucco… d’altronde la materia prima utilizzata è piuttosto insolita!
Ogni opera contiene in sé una precisione spigolosa e millimetrica: tutte le rappresentazioni, dal Partenone al dinosauro, sono studiate scrupolosamente nel minimo dettaglio.
Si passa così alla sala dove dipinti, statue e ritratti prendono “vita”: i mattoncini infatti, usati e studiati in modo preciso ma anche divertente, riescono a rendere le immagini tridimensionali, quasi distaccate dallo sfondo e dalle tela stessa che le contiene.

_mg_6768_bis_rdLa scelta dei colori è sempre ponderata ed attenta, al fine di rendere l’imitazione il più fedele possibile ai quadri e alle statue. Si rompe quella seriosità che accompagna le opere, a partire dalle statue greche, ai maestri olandesi fino alle secessioni novecentesche: tutto assume una sfumatura spiritosa, creandosi un connubio tra arte e costruzioni geometriche.
L’artista riesce a trasportare gli adulti, facendo riemergere il bambino che si nasconde dentro ciascuno di noi e allo stesso tempo ci comunica i suoi pensieri attraverso le sue opere, che nella loro complessità strutturale riescono comunque ad evocare immagini simboliche ed efficaci: osservando dei dipinti o dei ritratti dei secoli passati, non sempre si riesce a percepire ciò che l’artista voglia comunicare, divenendo spesso necessario che l’aiuto di una guida o uno studio pregresso ci faccia conoscere l’artista, i suoi pensieri e il suo passato.
In tal caso invece, l’artista in maniera semplice trasmette emozioni e i pensieri, quasi istantaneamente, indice anche del fatto di come l’arte possa essere un mezzo forte e allo stesso tempo semplice ed istintivo.

Nathan Sawaya ci comunica l’importanza di avere fiducia in se stessi, di avere il coraggio di andare controcorrente e di non farci sopraffare dai “no” e dalle sfide che la vita ci pone davanti agli occhi. Chi osserva le sue opere si sente meno solo nelle scelte e nelle difficoltà quotidiane, aiutandoci a farci forza e a lottare per poter inseguire i sogni che teniamo nel nostro cuore sin da bambini, mettendo un passo dopo l’altro, costruendo mattone dopo mattone il nostro cammino.

Letizia Bevilacqua © centoParole Magazine – riproduzione riservata

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