Alpi carniche: quando anche i giovani propongono il loro originale punto di vista

Copertina-Valle-del-But-1.jpg

Locandina evento SocchieveTradizione, folklore e importanza di un passato da valorizzare, unitamente ad un presente da documentare ed un futuro da programmare: sono questi gli argomenti che fungono da ideale base al cortometraggio “Un fiume, una valle, un racconto”, dedicato ad una panoramica della carnica valle del But. Ma questo piccolo film è anche molto di più: quello che viene proiettato sullo schermo non è un video girato da autori navigati ed appartenenti alle vecchie generazioni. Si tratta infatti di un cortometraggio realizzato da due ragazzi giovani, Gabriele Moser e Pietro Vuerli, appena sedicenni ma con un grande talento che sono certa si svilupperà con il tempo. Insieme ai due registi collabora anche Antonia Fabiani, loro coetanea e attiva insieme agli stessi autori come amministratrice della pagina facebook “Iride produzioni“: da loro progettata e promossa. Quello realizzato è un film giovane, dunque.

Una pellicola girata nella valle del But, che dal punto di vista storico è probabilmente la più importante della Carnia: qui ad esempio Zuglio. Pieve di San Pietrosorge la Pieve di San Pietro (Zuglio), notissima soprattutto per l’antica cerimonia del ‘Bacio delle Croci’ – celebrata tutt’ora, oppure la altrettanto caratteristica località di Sutrio. Moser, Vuerli e Fabiani sono originari di quelle terre: hanno saputo cogliere gli aspetti storici e sociali fondamentali della vallata, creando un racconto piacevole ed interessante. Il cortometraggio è stato proiettato venerdì 8 agosto presso la sala convegni del Centro Culturale di Socchieve: un evento promosso dal comune di Socchieve, dalla biblioteca ‘Romualdo Fachin’ e dal comitato ‘Gianfrancesco da Tolmezzo’. Istituzioni attive nel campo della promozione culturale e della valorizzazione del territorio locale. Prima di giungere a Socchieve (comune appartenente ad un’altra valle della Carnia, quella del Tagliamento), il cortometraggio è stato mostrato in tutta la valle di San Pietro (detta anche ‘del But’), ottenendo grandi e meritatissimi consensi.

Nicola Grassi. San Paolo ApostoloIl film è particolare non solo dal punto di vista della tutt’altro che tipica regia, ma anche da quello della forma in cui viene sviluppato il racconto: il narratore degli eventi e la guida ai luoghi attraversati durate il cortometraggio è il fiume But, che da il nome alla valle e prende vita grazie alla voce di Giorgio Primus. Si può definire sicuramente un punto di vista originale quello fornito dal fiume che, come viene detto nel corso del filmato, è paragonabile ad “un turista segreto, un padre che visita i propri figli…”. Il percorso delineato per mezzo del cortometraggio parte dal punto in cui il fiume nasce, vicino al confine austriaco, ripercorrendo poi il vasto territorio lungo cui scorre: vi si trovano rovine archeologiche (lungo quella zona passava la via Julia Augusta, importantissima in epoca romana), varie località importanti dal punto di vista storico (la famosa Timau, con il suo ossario dedicato ai caduti in guerra e la già citata Zuglio, che diede i natali al pittore Nicola Grassi, talentuoso esponente carnico nel grande panorama del settecento veneziano).

Il filmato si chiude quando il fiume But giunge nei pressi della località di Tolmezzo, dove si fonde con il più grande Tagliamento. Chiude il video un monologo della già citata Antonia Fabiani, riassuntivo e allo stesso tempo significativo. Il motivo per cui ho scelto di scrivere questo articolo è dato dalla volontà di promuovere tale piccolo elaborato cinematografico, che nei trenta minuti della sua durata mi ha colpita ed affascinata. Merita di essere lodato, soprattutto per la spontaneità e la freschezza della sua narrazione, che non sempre è una costante nelle produzioni documentarie. Un in bocca al lupo ai tre giovani: affinchè possano sempre proseguire per questa strada resa vivace dal loro talento. Esprimo dunque questo augurio,  nell’attesa di poter vedere il prossimo film della “Iride produzioni”.

 

Nadia Danelon© centoParole Magazine – riproduzione riservata

Share this post

Lascia un commento

scroll to top