Piero Dorfles e i libri

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Piero Dorfles i cento libriSabato 7 giugno 2014, alle 18.00, presso la libreria Minerva di Trieste, è stato presentato il libro “I cento libri che rendono più ricca la nostra vita” di Piero Dorfles. L’introduzione alla serata è stata curata dal giornalista Alessandro Mezzena Lona, che ha chiesto all’autore com’è nato il suo libro.

«Io mi occupo, da tanto tempo, di letteratura, sia in radio che in televisione» –  ha risposto Dorfles – «e tante persone hanno iniziato a chiedermi quali siano i libri che non si può non aver letto; in poco tempo sono arrivate tante richieste, così, ad un certo punto, ho cominciato a scrivere un elenco. All’inizio mettevo i libri che piacevano a me, poi ho cominciato a inserire anche alcuni testi che, pur non essendo di mio gradimento, mi sembrava necessario includere nella lista».

L’autore ha sentito l’esigenza di menzionare anche alcuni testi che non trova bellissimi, perché contengono delle frasi che spesso vengono utilizzate durante le conversazioni, e quindi anche fuori dal discorso letterario.

«Questo libro è anche una sorta di manuale» – ha aggiunto lo scrittore – «nel senso che, se uno vuole trovare le motivazioni necessarie per dire come mai valga la pena leggere un determinato testo, qui troverà qualcosa».

Lei nel suo libro cita i cento libri che tutti, più o meno, dovrebbero aver letto o almeno conoscere; ma qual è uno dei suoi libri preferiti in assoluto?

Non ne ho uno, se ne avessi uno vorrebbe dire che mi sono fermato molto presto. Sono tanti, ogni anno cambiano, crescono con l’età; alle volte sono libri che si sono letti tanti anni fa e che poi ritornano ad essere importanti. Ma uno che ha un solo libro importante nella sua vita, vuol dire che non ha letto un granché.

C’è invece qualche libro che proprio non è riuscito a finire di leggere, perché era troppo noioso e non le piaceva?

Ce ne sono centinaia …

Ultimamente si legge meno rispetto ad una volta. Secondo lei cosa si potrebbe fare per avvicinare i ragazzi alla lettura?

Non è vero che la gente oggi legga meno rispetto ad una volta. L’unica cosa che è successa è che quelli che comprano un libro all’anno sono diminuiti del 3%. Chi compra un libro all’anno, presumibilmente, non lo legge, o lo regala o lo tiene sul comodino; di solito sono ricette, manuali: questa non è lettura. Coloro che leggono abitualmente più di un libro al mese costituiscono il pubblico dei lettori veri: erano il 6% e restano sempre il 6%. Sono molto pochi, effettivamente. Per far sì che si legga di più, bisognerebbe che ci fosse una grande battaglia collettiva, affinché la lettura e la cultura diventino dei valori per i quali tutti pensano che valga la pena spendere energie e denaro, e investimenti da parte dello Stato.

Ormai l’e-book si è notevolmente diffuso. Secondo lei tra un paio d’anni ci saranno ancora dei libri cartacei?

L’e-book oggi rappresenta il 7% della distribuzione dei libri e quindi è poco diffuso: la stragrande maggioranza delle persone preferisce il cartaceo. In secondo luogo sono convinto che l’e-book riguardi soltanto la generazione dei giovani, abituati a leggere su supporti elettronici fin da piccoli; ma sono dell’idea che per la maggior parte riguardino persone di non frequente rapporto con la lettura. Chi è un lettore abituale, i libri non soltanto li legge, ma li possiede: sono degli oggetti nei quali rimangono le tracce del nostro passato, che hanno un’immagine, un aspetto, un colore, una copertina, una visibilità.

L’e-book non ha copertina, non ha pagine sulle quali si può scrivere e trovare dopo anni i propri appunti. Con l’e-book noi non avremo mai in salotto una serie di dorsi di libri, che ci ricordano il testo che abbiamo letto. Il libro fa parte della nostra vita: rimane sempre con noi, lo si può vedere, lo si può consultare ogni volta che si vuole; mentre mi pare molto improbabile che uno vada a consultare qualcosa nell’e-book. Sicuramente la lettura sul supporto elettronico crescerà per chi usa il libro per intrattenimento; ma chi i libri li ama e li legge con attenzione, li studia, li usa, o addirittura ci lavora, preferirà sempre quelli di carta.

Quindi lei preferisce il libro tradizionale, quello cartaceo?

Io onestamente trovo che il libro non di carta serva soltanto quando si è in vacanza, quando si ha voglia di portarsi dietro qualche romanzo di evasione o qualche testo di studio che abbiamo a casa in formato cartaceo. Le faccio notare che sull’e-book la numerazione delle pagine non è la stessa dei libri tradizionali; e quando una persona usa un libro per lo studio e deve fare delle citazioni, non può scrivere come riferimento il numero della pagina dell’e-book, perché questa non è reale, ma viene scelta dall’e-book stesso. Ecco perché il libro di carta continua ad essere essenziale.

A volte, i film tratti dai libri non sono fedeli al 100% alla storia originale: ci si ritrova ad avere due versioni diverse; e se non si ha letto il libro si rischia di avere una conoscenza errata o parziale del testo. Cosa ne pensa a riguardo?

Parto dal presupposto che i film sono sempre diversi dai romanzi, e che non esiste la trasposizione completa. Questo non è un problema, nel senso che ognuno può vedere i libri e i film come meglio gli pare; però non si possono sostituire gli uni agli altri: i libri sono una cosa, e i film sono quasi sempre un’altra.

La storia di Trieste è legata a scrittori molto importanti, sia triestini che non; lei ne ha conosciuto qualcuno?

Credo di averne incontrati abbastanza: Saba, che ho conosciuto, Magris, Quarantotti Gambini, Voghera, e qualche altro.

C’è qualche illustre scrittore triestino, che le ha trasmesso qualcosa di particolare?

Sì, certo; per quel che mi riguarda, Svevo.

Secondo lei, quant’è importante leggere?

Diciamo che è la cosa che faccio di più; è quella che mi dà da vivere. Per fortuna sono riuscito a farmi pagare per fare quello che mi piace: è un magnifico raggiungimento, visto che ognuno cerca di lottare per riuscire a fare nella sua vita ciò che gli piace di più.

 

Nadia Pastorcich © centoParole Magazine – riproduzione riservata

Piero Dorfles è un giornalista e critico letterario. È autore e conduttore di numerosi programmi radiofonici e televisivi. Ha pubblicato saggi sulla comunicazione, e da quindici anni conduce, su Rai Tre, la trasmissione “Per un pugno di libri”, da lui ideata. 

Ringrazio Piero Dorfles per la disponibilità.

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