Il mistero della bambina sovrannaturale (prima parte)

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 Quando il Dott. Furio Tiberiakis, primario di Medicina Legale dell’Ospedale di Cattinara e mio amico personale (oltre che di Olmi), mi telefonò, non colsi al volo la particolarità della chiamata.

 Solo in seguito riflettei sul fatto che Salvatore Olmi, il consulente investigativo di Trieste per antonomasia, come primo perito, era stato lasciato da parte, cosa mai accaduta prima. Il chirurgo esperto di autopsie, provetto conoscitore della morte nelle sue forme più violente oppure naturali, aveva pensato inopinatamente di interpellare prima me.

 Durante quella telefonata, in effetti, non chiesi affatto al dottore cosa ne pensasse il mio ingegnoso amico estromesso circa il caso che mi era appena stato descritto. In maniera del tutto inconscia, a causa del mio spirito intraprendente e facilmente esaltabile, avevo dato per scontato che fosse sistematico consultare anche solo me, deliberatamente. Financo prima di coinvolgere il vero (e certo unico) esperto di deduzioni investigative. Non che la cosa non mi avesse lasciato interdetto, anzi.

 Mi sedetti su una panchina di Piazza Hortis, di fronte alla Biblioteca Civica, per dare una scorsa al Piccolo e riflettere per quale motivo il medico avesse chiamato me anziché lui. Mi stupii a tal punto che avevo quasi dimenticato qual era l’accadimento misterioso che mi era stato raccontato. Mi concentrai, per focalizzare bene l’incredibile racconto, così simile a uno di quei film dell’orrore tanto in voga negli anni Settanta e Ottanta. Tuttavia, per togliermi lo sfizio, mandai un sms al dottor Tiberiakis, chiedendogli il perché dell’estromissione di Olmi dal consulto.

 “Parlagliene tu, caro Buozzi, a indagine conclusa. So che troverai il modo giusto. Lui è sempre così cinico e bacchettone nei confronti di chi crede al sovrannaturale.”

 Sovrannaturale…

 Ecco! Non so perché, ma già quel termine dal gusto antico e contraddittorio, mi faceva correre un piccolo brivido lungo la colonna vertebrale. Sarà stato il fatto che, quand’ero alla scuola media, mi addormentavo accanto a mia madre, mentre seguiva alla tv i thriller del regista Dario Argento. Un po’ dormivo e un po’ sbirciavo le scene meno cruente. La notte avevo comunque degli spaventosi incubi macabri.

 Era stato davvero serio Tiberiakis mentre mi aveva raccontato di quella arcana e angosciante fatalità? Conoscendolo un po’, coi suoi modi canzonatori riguardanti il mestiere che faceva, poteva venirmi qualche dubbio. Insomma, era ancora possibile che nel 2009, in una città cinica e disincantata come Trieste, esistesse ancora qualcuno che poteva credere a demoni, magia nera e vattelappesca?

 Il mistero ebbe inizio quando il medico legale era stato interpellato dalla Polizia, come capitava sempre in queste evenienze, per constatare il decesso di una donna di mezz’età. La vittima, sui sessantacinque anni circa, era caduta dal sesto piano di una palazzina, al numero 1 di via Principe di Monfort, in mezzo al bel colle residenziale di San Vito, affacciato sul Golfo. Le circostanze che mi elencò, secondo testimonianze dei vicini che vi avevano assistito quando ormai la tragedia si era compiuta, erano alquanto straordinarie e inspiegabili.

 La donna, che abitava nella palazzina accanto, al terzo piano del numero 1b, come al suo solito, per due volte a settimana, stava accudendo una bambina di circa sette anni, di nome Brunilde Bassi. Le faceva da tata presso l’appartamento della piccola, quando il padre adottivo era impegnato nel suo studio per lavoro. L’uomo, rimasto vedovo quando la figlia aveva solo tre anni, svolgeva da casa la mansione di helpdesk per un’importante società assicurativa, guadagnando una percentuale sulle commissioni delle polizze stipulate. Un’importante crisi depressiva l’aveva costretto a farsi seguire da uno psicologo.

 Il giorno funesto, d’improvviso, la bambina aveva manifestato violente convulsioni, cominciando ad urlare ed inveire contro la donna che la badava. La piccola divenne cianotica, mostrando le pupille degli occhi completamente bianche, prive di iride, innervate ed irrorate di sangue. A prima vista, sarebbe potuto sembrare un attacco isterico. La cosa era già capitata, almeno per quel che concerneva le urla, e i vicini avevano potuto udirle altre volte in passato. Dopo la perdita della madre in uno strano incidente stradale, dall’appartamento si erano cominciati ad avvertire, negli anni, schiamazzi piuttosto violenti dovuti alla bambina.

 Soprattutto la testimonianza del padre, intervenuto dopo poco per capire cosa stesse accadendo alla figlia isterica, fu fondamentale per avere un quadro completo della dinamica che aveva comportato la caduta mortale dell’anziana bambinaia.

 “La bambina, mentre stava utilizzando un gioco elettronico”, riporto la testimonianza dell’uomo trascritta poi dalla polizia “si era ripiegata su sé stessa, in uno spasmo inverosimile per un corpo umano; con le gambe volte verso una direzione, ed il tronco e la testa ruotati inversamente di 180 gradi, teneva fisso il suo sguardo vitreo sulla povera bambinaia. La bocca le si contorceva in maniera del tutto irregolare e incredibile, schiumando bava frammista a sangue. Quello che usciva pronunciato dalla bocca della ragazzina era irripetibile; parole e imprecazioni, parto della più perversa ferocia. La donna, spaventata a morte (ma fervente credente cattolica, NdR), aveva supplicato il piccolo essere (l’aveva evidentemente interpretato subito come posseduto dal demonio, NdR) di non farle del male, continuando a toccare la piccola croce d’oro che portava appesa al collo. (La vittima) cercava di ricordare alla bambina, con una cantilena docile che utilizzava spesso per farla addormentare, quanto le volesse bene, e quanto avesse sempre fatto per prendersi cura di lei e della sua felicità. L’uomo nel frattempo, totalmente inerme e inebetito, poco poté fare per intervenire a intimare alla figlia di smettere con quelle urla disumane.

 “Il demonietto (presunto tale, NdR), chiamato amorevolmente dalla bambinaia con il diminutivo di Nilde, aveva allora spiccato un balzo fuori dal consueto, da sopra il letto. Un salto in avanti spropositato, ampio almeno cinque metri. Predando la sua angosciata vittima, cercava di afferrarla alla gola, con le unghie animalesche e imbrattate di bile che aveva prodotto nella trasformazione. Alle spalle della povera tata… (omissis)… era situato il finestrone della stanza, aperto per metà, di un’anta, per fare entrare l’aria primaverile della giornata di sole. La sig.ra M. Maier, arretrando d’istinto, per evitare la furia omicida scatenata dalla bambina “sovrannaturale” (ecco ancora quell’indomabile brivido lungo la mia schiena, ndr), era stata risucchiata da quel pertugio mortale, largo tuttavia da non darle scampo. Quindi precipitò giù, senza avere il tempo di accorgersene, dritta verso il suo destino.” Tutto era accaduto troppo in fretta, raccontò il povero padre alla polizia.

 Mantenni la promessa di non dire nulla a Olmi, per ora, convinto da Tiberiakis che sarebbe stato inutile cercare di coinvolgerlo in un caso di questa specie.

(leggi la seconda parte…)

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