Linda Simeone: più idee che Tempo

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[di Roberto Srelz, per dotART Magazine] Linda Simeone. Nata a Trieste nel 1985, vive a Trieste. Giovane manager, professionista nel mondo della comunicazione, e organizzatrice di ‘Le Vie delle Foto’.


Tutti quelli che hanno partecipato a ‘Le Vie delle Foto’(www.leviedellefoto.it) , o che sono stati in contatto con la manifestazione, mi hanno detto che è la prima volta che si riesce a concretizzare un’occasione di questo tipo, e che è stata molto bella. E che nessuno ci credeva. Molti l’avevano in mente ma nessuno ci era mai riuscito; tu ci sei riuscita. Gli altri non c’erano riusciti perché non avevano provato, oppure perché le difficoltà incontrate erano troppe? Difficoltà che poi tu in qualche modo hai superato?

Secondo me è necessario essere … sprovveduti, per riuscire. In questo tipo di cose, per te nuove. Ti spiego. Ci sono tantissimi problemi organizzativi, che però sono riuscita a superare soprattutto perché ho cercato la collaborazione di tutti e l’ho animata, incoraggiata. Se avessi fatto da sola, incentrando su di me tutto il peso dell’organizzazione e le decisioni, non ci sarei riuscita.

Fin dall’inizio avevo già previsto di fare qualcosa di sbagliato, che avrei dimenticato qualcosa o qualcuno: non perché volessi dimenticarlo o sbagliarlo o deludere la gente o addirittura approfittare della loro fiducia, ma semplicemente perché era la prima volta che organizzavo qualcosa così. E c’è bisogno della collaborazione di tutti; incontri molte persone collaborative e che hanno voglia di fare, quando inizi a organizzare un evento. Ciascuno di loro porta qualcosa, fa qualcosa, da’ un pezzo di sé e della sua esperienza.

Quanti fotografi hanno partecipato alla manifestazione? Quanti locali pubblici hai coinvolto?

Trentuno fotografi, che hanno esposto in ventisette locali triestini.

 

Nella prima edizione appena conclusasi, ciascuno dei fotografi poteva scegliere un locale di preferenza fra quelli che avevano aderito. E già su questo, ti lascio immaginare le discussioni; a non finire. Sulla visibilità, sull’opportunità. Nel bene o nel male come in un puzzle siamo riusciti a mettere tutto assieme.

Nella prossima edizione spero di riuscire a portare almeno sessanta fotografi. Sarà strutturata in maniera più specifica: vogliamo aumentare la qualità dell’immagine fotografica esposta. E per non escludere i fotografi che vogliono contribuire ma che sentono di non poter raggiungere quella qualità, li inviteremo a partecipare a un progetto che coinvolga anche il locale pubblico nel quale le opere saranno esposte, in maniera che ci sia coerenza, e che locale pubblico e immagini esposte in esso siano coerenti. Qualcosa che si avvicina all’installazione artistica. Non penso sia necessario avere solo fotografi bravi, di altissimo livello, per costruire un progetto assieme a un locale pubblico – ma il risultato dovrà essere bello. E’ il risultato, che dovrà essere di alta qualità, non necessariamente il fotografo; un percorso, fatto da noi, dal fotografo e dal locale in cui esporrà, in modo da costruire un ‘perché’.

La fotografia, per te?

Vedi, la cosa positiva per la manifestazione è che … io non ci capisco niente, di fotografia. Forse è stato anche il motivo del successo nel mio ruolo di direttrice dell’evento. Io mi occupo d’immagine, di tecnica fotografica e della passione per la fotografia in generale non ne so molto, la guardo con piacere e basta.

Ti occupi d’immagine professionalmente, quindi? Hai fatto studi specifici sulla pubblicità e sull’organizzazione di eventi?

Si, certo. E: no. Sono completamente autodidatta. Come primo evento ho organizzato un torneo di basket con l’associazione ‘Ama Trieste’ – sport del quale non sapevo assolutamente nulla.

In quale azienda?

Nella mia. Sono una ‘partita IVA’. Esploro da sola il mondo del lavoro. Sono arrivata a questo attraverso un percorso … accidentato? Ho fatto tantissime cose. Molte delle quali molto diverse fra loro. Però ho imparato – spero di aver imparato – a orientarmi in qualsiasi tipo di situazione, ormai. Lavoravo per una Web Agency, con un ruolo di commerciale: avevamo realizzato un progetto dal nome ‘YourTuning’ (www.your-tuning.com), un portale dedicato alle automobili – alle elaborazioni di automobili e carrozzerie di auto. Avevo libero arbitrio e potevo decidere su tutto: potevo gestire i costi, decidere la strategia con la quale avvicinare i clienti, le proposte da presentare loro. Tutto bene. A un certo punto la Web Agency ha avuto delle difficoltà, non lavorava, e ha dovuto tagliare i costi interni ed eliminare il personale; ho preso un anno sabatico nel quale mi sono dedicata ad altre cose e ho pensato a cosa fosse meglio fare, poi mi sono decisa e ho aperto partita IVA. Avevo in mente un progetto nuovo, ‘LinkVideo’: video pubblicitari per agenzie immobiliari. Ho iniziato facendo foto agli immobili e inserendole sui siti delle agenzie, poi il lavoro si è sviluppato. Anche in ambito pubblicitario. Facevo anche la modella …

Lo fai ancora?

Si. Lo faccio ancora. Ho poco tempo, adesso, ma era ed è uno svago, mi diverte tantissimo. Ho iniziato per caso, per la redazione di un giornale sul tuning e sulle automobili, me l’avevano chiesto. ‘Abbiamo deciso di scrivere un articolo su di te. Ma non ne sappiamo niente, di te. Quindi mandaci le foto e anche l’articolo’. E allora ero rimasta agghiacciata perché avevo foto con gli amici, foto delle feste, foto buffe – ma non foto per un articolo! Come posso fare per spiegarti. Mai pensato di fare un servizio fotografico da parte mia, prima di allora. Ho parlato con Massimiliano Clari, e ho cominciato.

Fare per interi pomeriggi foto con uno fotografo piaceva da morire. Sono stata anche ragazza immagine. Se hai qualcosa da trasmettere – se vuoi trasmetterlo – stare ‘dall’altra parte’, di fronte alla macchina fotografica, è molto bello. A me piace sorridere. Voglio essere una persona solare. Però, ecco: questo è quello che riesco e voglio fare, voglio essere me stessa nelle foto. Non potrei essere una modella che indossa un vestito, e vedere che nella foto il soggetto è il vestito, e non io. Quindi più che modella, nelle foto, sono: me. Nel primo servizio che avevo fatto il soggetto dovevo essere io con l’automobile; la foto in copertina era di me mentre le davo un bacio. La scelta era di rappresentare il soggetto come qualcosa che fosse un insieme, che non avesse significato solo nelle sue singole componenti ma che fosse ‘noi’, perché una ragazza che lavorava nel tuning d’automobili era qualcosa di nuovo, che non si vedeva tutti i giorni.

Corri, con le macchine? In pista.

No, no. Non ho mai provato. Mi piacerebbe. Ho amici che fanno drifting, a livello molto elevato, mondiale. Ma sarebbe molto coinvolgente, totalizzante. Nella mia foto sul profilo Facebook ho scritto che ho troppe idee e poco tempo ed è così!

E le idee aumentano mentre il tempo diminuisce?

No, no, no, no. Le idee aumentano in maniera spropositata e il tempo resta sempre quello.

Adesso cerchi di tenere stabile il numero di idee su cui lavori o continui a inseguirle tutte?

Adesso cerco dei collaboratori che mi aiutino a inseguirle tutte e sempre. Non è facile. Direi anzi che è terribile. Però queste difficoltà a trovare collaboratori mi hanno aiutata a capire che non esistono collaboratori incapaci, ma esistono direttori che non spiegano. Che accentrano. O che non sanno spiegare, che non hanno ancora imparato a spiegare.

La fotografia ti piace?

La fotografia mi piace, ma non so fotografare. Credo sia una passione che richiede molta pazienza, molta attenzione. E non comprerò mai neanche una di quelle macchine tipo cannone, cinque chili, borse, zaini … non fa per me. E quindi … no, no. Non sarò mai fotografa.

E fare la modella è facile?

Si, si. Rido, faccio, scherzo, mi giro. Mi diverto come una matta. Si.

Com’è il rapporto fra il fotografo e la modella?

Non sono mai stata modella professionista, l’ho fatto per piacere, per divertimento, quindi per me dev’essere un gioco. La modella non professionista si sente a suo agio con un fotografo con cui gioca, e insieme allora si, fanno belle foto. Altrimenti l’espressione del viso nella foto è una smorfia impossibile – l’ho vista, nelle mie foto, e ho visto la differenza fra foto e foto. Mi è successo naturalmente quando avevo una giornata storta, ma anche, e più spesso, quando non mi sentivo a mio agio con il fotografo. Farei la modella volentieri anche per un fotografo che non conosco, però prima vorrei parlare con lui, comunicare con lui. Altrimenti non funziona.

 

Come sono i fotografi triestini? Trieste è una città in cui per la fotografia c’è tanta passione.

Ah, dei rompiscatole pazzeschi. Gliel’ho sempre detto e glielo dico sempre. E non saprei neanche dirti il perché ma so che è così. Ma non credo neanche sia il fotografo. Penso che la nostra indole, qui a Trieste, sia quella di essere molto ansiosi. Troppo. Molti erano molto preoccupati, preoccupatissimi, per l’immagine; per me era una cosa nuova, quindi un gioco, e non sentivo tutta quell’ansia che loro dimostravano. Ricordo una discussione sulla misura delle foto da esporre: da subito avevo detto, ‘non è necessario stampare delle foto più grandi e delle foto più piccole partendo dalla foto – non dobbiamo decidere in che dimensione stampare da subito, dobbiamo fare un’esposizione in un locale pubblico e quindi ciascuno di voi deve vedere il locale e stampare le foto nella dimensione che più si adatta al posto’. E invece niente; trenta per quaranta! ‘Non diverso perché dobbiamo fare tutti una stampa uguale, della stessa qualità, perché se no quella è più grande e non va e così e …’. ‘Va bene, come volete’. Il giorno dopo, a decisione presa, ricordo che Massimiliano mi aveva chiamata dicendomi: ‘Linda, ho sbagliato. Sono andato al Caffé Audace e ho visto, e la’, se metto una foto trenta per quaranta, si perderà’. E meno male che ci siamo capiti … dopo. Ma sai, comunque, ogni posto, ogni città in cui vai ha le sue cose e le sue persone con il loro carattere diverso da quello di un altro luogo e città. A Bologna sono un po’ irruenti, nel Veneto te la raccontano un po’ a modo loro – entrambi sono gran lavoratori. Insomma non puoi mai generalizzare, penso che l’Italia sia bellissima anche per questo.

Nel caso delle foto a Trieste era ovvio che sarebbe andata a finire così, perché non potevamo pensare di chiedere al gestore del locale uno spazio fatto su misura, dovevamo adattarci alle loro esigenze. In un locale ad esempio la dimensione massima per le foto era venti per trenta. ‘Ma come!’ ‘Ve l’avevo detto, però’. Eppure. E’ così dai, va bene. Alla fine era soddisfatti e io assieme a loro. C’è sempre qualcosa che non va e qualche lamentela, anche con ‘Le Vie delle Foto’ c’è stata, ma è andata bene.

La manifestazione, quindi.

E allora un giorno alla fine di giugno il proprietario dell’agenzia per la quale lavoravo mi ha detto: ‘torno a fine settembre’; e ho pensato: ‘Caspita! E adesso cosa faccio, quest’estate?’

Conoscevo tanti fotografi; avevo visto le loro foto, e sapevo che molti di loro non avevano mai esposto. Allora ho pensato – una delle mie mille idee – a una mostra che raccogliesse le foto dei fotografi che conoscevo e ho proposto che loro a loro volta parlassero con gli altri fotografi con cui collaboravano o che conoscevano, in maniera da far crescere il gruppo di persone. Cristian Milotic, ad esempio. Alessandro Michelazzi. Alessandro ha aderito all’idea con entusiasmo … e quando ha visto il volantino della manifestazione, mi ha detto: ‘Non avrei mai pensato che sarebbe diventata una cosa vera!’.

Nel corso di ‘Le Vie delle Foto’, come hai gestito i rapporti con i locali pubblici?

Attraverso i fotografi stessi. Io ho contattato i fotografi, e li ho accompagnati dai gestori dei locali pubblici, per permettergli di conoscerli e di vedere il posto. Poi li ho lasciati parlare, discutere, cercando di metterli d’accordo, di farli lavorare assieme sull’obiettivo da raggiungere. Ora posso dire che credo di aver sbagliato alcune volte, non curando assieme a loro anche l’inaugurazione della mostra, direttamente; in alcuni casi infatti i fotografi hanno ad esempio stabilito la data della mostra senza averla concordata con precisione con il titolare del locale. E non possiamo farlo. Adesso però abbiamo esperienza, la prima volta era tutto nuovo. L’anno scorso abbiamo avuto due persone responsabili per la manifestazione, che hanno lavorato precariamente, talvolta, perché io non ho saputo dir loro esattamente che cosa dovevano fare. Qualche volta non c’è stata la percezione delle tempistiche necessarie, dell’impegno richiesto.

Quest’anno abbiamo aumentato il numero di persone responsabili e sappiamo molto meglio come muoverci; riproporremo, comunque, il modello di organizzazione che abbiamo proposto nella prima edizione e che vede i fotografi stessi in un ruolo chiave d’organizzazione. Io coordinerò a un livello più alto, riservandomi la decisione finale; Alessandro Michelazzi gestirà l’immagine della manifestazione e l’ufficio stampa, e collaborerà strettamente con me. Alessandro lavora molto con i magazine di fotografia e ha esperienza, per farti un esempio l’anno scorso non avevo tenuto in considerazione il fatto che a giugno le redazioni dei magazine potessero essere chiuse. Massimiliano Muner curerà la parte Polaroid, e lo studio di quel tipo di fotografia.

Trieste ha dato riscontro alla manifestazione?

Si. Il Comune di Trieste ci ha dato il patrocinio; per il resto, non essendo noi un’organizzazione o un’associazione e non potendo ricevere sostegno più strutturato o anche economico, ci siamo rivolti esclusivamente a privati. La cosa più bella per me è stata veder esposta in un piccolo bar che non faceva parte della manifestazione la cartina che ti permetteva di muoverti dentro e attraverso di essa, attraverso i locali e le vie. Allora sono entrata e ho chiesto: ‘Ma che cos’è questa manifestazione?’ – gentilissimi e entusiasti dell’idea mi hanno spiegato tutto, mi hanno detto che quell’iniziativa la trovavano bellissima. Alla fine gli ho detto: ‘Complimenti. Io sono Linda, l’ho organizzata io. Vi ringrazio tanto!’ Ero molto contenta.

Come mai non vi siete strutturati in associazioni? Che cosa pensi dell’associazionismo?

Sai, io vedo l’associazione come qualcosa ‘che mette assieme’, che agevola e ti aiuta a fare gruppo perché hai qualcosa da fare assieme a un altro che ha la tua stessa passione, qualcosa che ti unisce a lui. Io sono la segreteria di un’associazione, si chiama ‘Triestebene’ e organizziamo feste, eventi, come socio hai diritto a una o più agevolazioni – paghi di meno il rinfresco, le bevande … cose così. Quindi si, è molto sensato associarsi quando vuoi fare gruppo. Un’associazione però richiede un investimento, per ‘Le Vie delle Foto’ eravamo alla prima prova e non avevo un budget elevato da investire. Era più razionale iniziare come singoli e poi vedere come sarebbe andata.

Qual’è stato il budget della manifestazione ‘Le Vie delle Foto’, se posso chiedertelo?

Certo che puoi. Ogni fotografo ha pagato 100 Euro per l’iscrizione; la stessa cosa abbiamo chiesto a ciascuno dei locali coinvolti. Con la somma totale raccolta abbiamo stampato le locandine, il materiale pubblicitario, gli spot alla radio. ‘Le Vie delle Foto’ non mi ha portato denaro, però mi ha riempito l’estate e mi ha dato tanta soddisfazione e fatto conoscere tante altre persone. E’ difficile comunque che un progetto come questo sia redditizio la prima volta, che si sostenga veramente da solo, però è stato bello – e non si è chiuso in negativo, neppure dal punto di vista economico

Tecnica tradizionale quindi, non Photoshop o post-produzione. Ti piace Photoshop?

Mi piace tantissimo. Mi piace vedere il risultato di una buona post-produzione.

Perché?

Non lo so. Mi piace tanto, punto. E’ un po’ come il tuning di una foto. Tunizzare una foto.

Lavori con Photoshop?

Si, però per i siti Internet che curo; per la grafica e l’immagine, quindi. Per le foto no, non so far foto, per fare la post-produzione di una foto non saprei da dove cominciare.

Hai provato?

Ho tante idee, di tante immagini che vorrei vedere stampate o prodotte in qualche modo. Ma ho imparato che mi è più semplice e veloce spiegare la mia idea a qualcuno che sa fare meglio di me, e dirgli quello che voglio come risultato, piuttosto che cercare di trasferire l’idea dalla mia testa a qualcosa d’altro come Photoshop attraverso le mie mani.

Spiegare ciò che si vuole a un fotografo o a un grafico e vedere il risultato realizzato proprio come lo si voleva non è facile. Complimenti.

Ho visto che sono più brava a far così, a spiegare piuttosto che fare, proprio tanto tanto tanto. Se mi metto là, davanti al computer, e provo, e vedo l’immagine nella mia testa, e comincio a lavorarci, e non viene, e riprovo per ore, e … va a quel paese meglio che faccia qualcuno che sa fare!

E il trucco che ti ha permesso di realizzarla allora?

Quello che ti dicevo prima. Bisogna essere un po’ incoscienti. Io sono abituata a rincorrere il mio sogno. Come per le automobili. Io ho la passione per le automobili da quando ero bambina e per me lavorare su ‘Your-Tuning’ è la cosa più bella del mondo. Ogni fine settimana siamo in un posto diverso, con tutta la troupe, a fare riprese, interviste, incontrare personaggi. Ci pagano il minimo indispensabile per stare la’, ma: siamo la’. E’ stupendo. Sono contenta di essere la’. Così con ‘Le Vie delle Foto’; la cosa comune è stata l’impegno. Con Massimiliano Clari, ad esempio, il rapporto professionale era iniziato perché gli avevamo dato modo di pubblicare le foto che mi aveva fatto, nelle quali avevo posato per lui, su una testata giornalistica nazionale; con la sua firma. Lavorando insieme, impegnandosi, queste cose si riescono a fare e si cresce.

E’ un successo. Ti piace il colore o ti piace il bianco e nero?

Entrambi. Molto. Per l’immagine di ‘Le Vie delle Foto’ abbiamo utilizzato il bianco e nero; volevo dare un tocco … m’immaginavo ‘Le Vie delle Foto’ come un ottobre piovoso, come una persona che cammina piano sotto un grande ombrello, guardando le fotografie dalle vetrine.

Li scrivi anche qualche volta, questi pensieri, oppure sono immagini nella tua anima che poi non vedi più, che ti dimentichi?

No, no, mi ricordo tutto! Sono un elefante. Tutte le cose che mi dicono o che mi vengono in mente me le ricordo, dopo. Non so se è un bene o un male però. E ad esempio vedi, l’immagine delle ‘Vie delle Foto’ e il sito Internet sono venuti proprio come io la volevo e come l’ho spiegata ai collaboratori che l’hanno poi realizzata, se avessi dovuto mettermi là a fare con le mie mani sarei ancora all’inizio, o lungo la strada, ma non a destinazione – e invece lavorando assieme i grafici che mi seguivano hanno fatto proprio la cosa che avevo immaginato. In questo mi ha aiutato molto l’esperienza di lavoro con la Web Agency, la conoscenza del tipo di rapporto che si crea con il grafico – conosco anche i termini tecnici, l’RGB, i colori tampone, i processi che il grafico segue  … spiegargli le cose mi è più semplice. Io non saprei farlo, ma ho imparato a spiegarlo.

L’arte digitale ti piace?

Ma. Perché no. Potrebbe essere il futuro. L’immagine totalmente creata sul computer. La vedo come una realizzazione completa della fantasia. Secondo me dovrebbe essere questo.

E il colore?

Ecco. Stavo per dirtelo. Mi piace sentire, nell’immagine che guardo, l’espressione di qualcosa. E quindi non c’è proprio differenza per me – colore, o bianco e nero, li sento nella stessa maniera, anche il bianco e il nero sono colori! Il bianco e nero mi piace tanto, lo utilizzo come un abito elegante, raffinato, lo sento come passato, come vintage . Raffinato ed elegante sono concetti che in passato si sentivano molto di più, che erano molto più importanti. Quando penso a una foto in bianco e nero penso a Coco Chanel con una sigaretta. Una foto a colori è Marilyn Monroe, è Andy Warhol. E’ emozione che esplode. Il bianco e nero è più razionale.

Ogni mese noi parliamo di un peccato capitale … questa volta è l’ira. Che cos’è l’ira, per te?

Perdere completamente la pazienza. Non è un sentimento che mi tocca, non è un mio peccato, non credo. L’ira è inutile, è totalmente negativa. L’essere accecati dall’ira, l’averne il cuore pieno, non ti porterà mai niente di buono. Non ha mai un risvolto positivo, mai. Il confronto, anche lo scontro, sono mezzi di comunicazione, ma l’ira è una cosa completamente inutile. Se nel corso di un confronto, anche forte, ti lasci prendere dall’ira, allora arrivi al momento in cui distruggi, in cui non c’è più nessuna crescita. Nel momento dell’ira fai cose brutte, dici cose brutte, che poi in realtà non stai neanche pensando. Per me l’immagine dell’ira è un taglio, uno strappo: una tela o una foto strappate.

Il futuro?

‘Le Vie delle Foto’, la prossima edizione. Per l’edizione del 2012, stiamo già raccogliendo adesioni e richieste, per poter avere il tempo di vagliarle nel modo migliore. Stiamo chiedendo di presentare progetti e li esamineremo uno per uno.

Il tuo sogno?

Non lo so … non saprei dirti, sicuramente non un’auto bellissima o esporre al Moma (il Moma l’ho chiamato comunque e gliel’ho già chiesto. Mi stanno aspettando a New York). Direi: continuare per sempre a fare quello che mi piace, come sto facendo adesso. Mi sto divertendo tantissimo, mi piace tanto inventare cose. Non voglio altro.

Chi sei, Linda?

Una ragazza a cui piace molto chiacchierare; mi piace creare il ‘link’. E la stessa ragazza che vedi tutti i giorni, la stessa di sempre, quella che va in giro in città con un progetto in mano che vuole mostrare a tutti e del quale è entusiasta. Non cambio. E non so fingere.

Roberto Srelz
 
le opere dei fotografi sono tratte dall’asta di beneficenza per ‘AZZURRA’ e per ‘LUCHETTA’.

 

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