Igor Longhi: per provare a cambiare il mondo

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Igor LonghiIgor. Il tuo progetto contro l’omofobia? Cambiamo il mondo assieme?

Domanda diretta! Vediamo. Assieme: si. E il progetto non è solo contro l’omofobia, è quello ed è qualcosa di più. Nasce dai pensieri sviluppati sui fatti che stanno accadendo, dalla reazione al pregiudizio e alla discriminazione. Senti parlare sempre più spesso di persone picchiate, discriminate, allontanate solo perché hanno un orientamento sessuale diverso da quello che è lo standard – uno standard.

Invece di tenere un profilo adeguato e di cercare di trattare la notizia in maniera, per quello che può essere, normale, i media danno a quella discriminazione e a quelle violenze ancor più risalto, perché fanno notizia – e quindi ottengono l’effetto contrario. Io credo avvenga anche per spirito d’emulazione; ricorda, per darti solo un esempio che non intendo come banale, i sassi lanciati sulle auto dai cavalcavia. Così mi sono chiesto che cosa potessi fare io per cercare di fare contro-informazione; per provare a reagire.

Un progetto nato da zero.

Si. Il progetto è quello di creare un video e, attraverso una raccolta fondi fatta sul Web, riuscire ad avviare un ufficio stampa che lo promuova in maniera accurata ed efficace, non solo attraverso Facebook, con la speranza che diventi virale sul Web e si diffonda moltissimo. Per il video, da musicista, ho riproposto un pezzo che avevo scritto qualche tempo fa, e che avevo intitolato ‘Broken Soul’.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Z4Z6Fpy1RdY

 

Come mai questo nome?

Corrispondeva a quello che sentivo componendolo. È un pezzo strumentale, comunque, e io credo che il titolo di un pezzo strumentale serva solo per identificarlo. Quando l’ho composto pensavo alla vita di coppia, vista tutta assieme, dal momento in cui un uomo e una donna si conoscono a tutto quello che poi costituisce il loro percorso e alle esperienze che affrontano. Al loro rapporto; le cose brutte, quelle belle, le difficoltà, la serenità che ritorna. Ho provato a riassumere le mie sensazioni in quel brano.

E poi? Come sei arrivato all’idea del progetto?

Quando l’avevo composto, non avevo pensato a nient’altro di diverso da una coppia formata da un uomo e da una donna. In realtà, però, mentre leggevo sempre più spesso di episodi omofobici e delle loro conseguenze, ho capito che quelle stesse esperienze vengono vissute anche da una coppia omosessuale. Quando ti ami, non c’è differenza; ci sono le stesse emozioni, la stessa tristezza e la stessa felicità. Ho voluto, quindi, provare a usare quel mio brano per dare un messaggio. Per cercare di fare in modo che anche altri riflettano su quell’identità di sensazioni e sentimenti che omosessuali ed eterosessuali che si amano affrontano nel loro rapporto.

È un brano suonato al pianoforte.

Nella musica io nasco pianista. Trent’anni fa. Ho iniziato a suonare il pianoforte da ragazzo, e a comporre, ed è sempre stato il mio strumento.

 

Sei nato a Trieste, nel 1975; a che età il tuo primo pezzo composto al pianoforte?

Penso a dodici, tredici anni; un pezzo melodico di poco più di due minuti, se non ricordo male. Non l’ho mai registrato. Lo riprenderò.

Igor LonghiSuoni in un gruppo Reggae italiano però; un gruppo che ha una certa notorietà.

Mi sono avvicinato al Reggae – a quel tipo così diverso di musica da quello che propongo come solista – perché non riuscivo a esprimere completamente me stesso solo al pianoforte. Ho studiato molto sul pianoforte, poi ho trovato nel Reggae il mio completamento; con i ‘Makako Jump‘, il gruppo con cui suono, ma prima anche con altri gruppi, attraverso altri generi, dal Prog Metal alle cover Rock.

L’esperienza con i ‘Makako‘ è stata da subito quella di un progetto serio, con un’intenzione diversa, ed è bellissima. Sono maturato. Torno al pianoforte perché talvolta ho bisogno di chiudermi in me stesso ed esprimere i miei sentimenti da solo, al di fuori del gruppo; mi ritrovo a casa da solo, a suonare cose mie senza nessun altro musicista accanto a me. Mi fa star bene.

Tante esperienze, quindi; non solo quella del Reggae.

Tantissime. Ho studiato al Conservatorio, che ha dato un’impronta classica alle mie composizioni, ma non mi sono diplomato. Dalla musica mi sono anche allontanato, per un certo periodo. Cinque anni, credo.

Come mai?

Errori. Cose personali. Senza musica stavo male, mi mancava qualcosa; ho ripreso a suonare e non ho mai più lasciato. Non voglio avere più nessuno accanto, nella mia vita, che mi dica: ‘Non suonare, non fa per te’. La musica e la mia vita non si possono scindere.

Perché hai lasciato il Conservatorio?

Molta influenza su questa decisione l’ha avuta il mio maestro. Era contrario a qualsiasi musica che non fosse musica classica; quando gli dicevo che avevo iniziato a suonare con un gruppo, e che facevamo i Beatles, i Rolling Stones, reagiva male, mi scoraggiava. Mi diceva che dovevo concentrarmi sul classico, e solo su quello. Io ho reagito d’impulso, testardamente, e così ho lasciato e buttato via anni di studio. Non so suonare Chopin, e mi manca; ogni tanto mi rimetto a studiare, ma non posso definirmi un pianista classico. In quel momento di passaggio mi sono sicuramente mancati l’incoraggiamento, e una parola di fiducia, e la mia reazione non è stata quella giusta. Abbiamo sbagliato tutti e due.

Qual’è il genere musicale che suoni al pianoforte?

Si definisce Minimalismo. Uno dei primi è stato Richard Clayderman, trent’anni fa; riarrangiava pezzi famosi e li portava sul pianoforte. Ora direi che il più grande esponente del genere in Italia è Ludovico Einaudi. I brani minimalisti contengono un tema che si ripete: inizia in modo appena accennato, prosegue poco a poco, e poi evolve in un’emozione che cresce rapida con un finale spesso coinvolgente, travolgente.

Anche colonne sonore, quindi; film e video giochi?

Si, sicuramente. Vim Mertens, Yann Tiersen; colonne sonore come ‘Lezioni di piano’ e ‘Il favoloso mondo di Amélie’. Tiersen è poliedrico però. Nei video giochi, come ha detto tu, Akira Yamaoka, che suona anche altri strumenti.

Quali punti in comune possono avere il Minimalismo al pianoforte e il Reggae?

C’è sicuramente grande distanza. Il Reggae nasce come musica religiosa; in Italia, ha preso una piega più politica e sociale che religiosa, iniziata con le sonorità di Bob Marley inserite su testi di denuncia, di protesta. Per quanto riguarda la distanza, non è tanto fra pianoforte e Reggae, quando fra pianoforte e qualsiasi altra musica che abbia un testo sopra; è la canzone a modificare il linguaggio della musica.

Il mio pianoforte è molto introspettivo, come ti dicevo, ed è musica e basta. Non ha parole, e permette a chi l’ascolta di farlo anche suo. La musica è un linguaggio universale: se io scrivo musica, e suono, se l’emozione che ho vissuto io mentre la scrivevo la senti dentro, la comprendi e diventa, a modo tuo, emozione tua. La tristezza, l’allegria, la malinconia di un brano; sono cose che senti anche se non sai leggere e scrivere musica.

Tornando al tema del tuo video e del tuo progetto: non pensi che l’utilizzo di situazioni che suggeriscono, o mostrano, una coppia omosessuale sia ormai troppo ricorrente o addirittura sia diventato un qualcosa di commercialmente sfruttato?

Assolutamente. L’omosessualità è molto sfruttata, nella pubblicità è quasi di moda. Ma è un bene.

Perché?

Quando i ragazzi di colore, negli Stati Uniti, non avevano la possibilità di salire sugli stessi autobus dei bianchi, l’aver avuto a disposizione gli strumenti pubblicitari di adesso avrebbe reso l’integrazione molto più rapida. Anche a prezzo dello sfruttamento. Nella negatività dello sfruttamento pubblicitario, c’è la positività del parlare molto di un certo argomento, dappertutto, continuamente, e di togliergli così qualsiasi tabù. È abbastanza normale che una buona parte del pubblico ascolti il suggerimento dei media pubblicitari: se il media ti dice che una cosa è normale, e non è più da considerare orribile, perversa o contro natura, è possibile che la consapevolezza che sia normale finalmente emerga.

Nel Reggae, per esempio, ci sono due linee di pensiero. Una parte di musicisti e cantanti del Reggae è aperta nei confronti dell’omosessualità; una frangia molto più attiva di musicisti, invece, è assolutamente omofoba e guarda all’omosessualità quasi con odio. Io ho deciso di dichiarare la mia idea di comprensione apertamente, e quindi ho preso un’identità.

Non pensi che l’influenza dei media, così forte, possa essere pericolosa?

Pericolosa? No, perché? Non su questo argomento. Cosa c’è di pericoloso?

C’è una spinta molto forte verso l’androgino nella moda, nella percezione dell’immagine. Uomo e donna diventano quasi un terzo essere, indistinto.

Questo è un altro tema e posso dirti che quello che vedo non mi piace. È una questione di immagine e di business; spingere l’identità di una donna o di un uomo verso un certo tipo di immagine per motivi economici, con tutto quello che ciò comporta – sfruttamento, anoressia, eccesso  – per quanto inquietante, però, non è direttamente connesso alla problematica costituita dall’omofobia.

Cos’è l’omosessualità per te?

Ti dico quello che non è. Non è una scelta. Non è una deviazione. Non è pericolosa.

Ci sono alcuni concetti che dobbiamo cambiare: negli anni Ottanta gli spot pubblicitari contro l’AIDS ti facevano quasi pensare che fosse l’omosessualità stessa a portare l’AIDS, e che l’omosessuale fosse un individuo pericoloso; sappiamo bene che non è così, e ci sono molti più malati di AIDS ormai fra le coppie eterosessuali che fra quelle omosessuali. Non è l’omosessualità la ragione o il veicolo della malattia. È un esempio.

L’omosessualità è una condizione normale nella sessualità dell’essere umano?

Prima che qualcuno riesca a definire se è normale o no … andrebbe definita la parola stessa, la parola ‘normalità’. Non è facile. Per quanto riguarda la tua domanda, non ho dubbi: si, è normale.

Sai, poi io non vorrei affrontare temi molto complessi nello spazio di un minuto, forse non ho neanche la preparazione adeguata per affrontarli, però in mille anni di storia la religione ha fatto molto per … rendere l’omosessualità anormale, aberrante. Non sto parlando di nessuna chiesa o confessione in particolare, di nessuna religione specifica; vorrei solo dire che se hai veramente libertà, come uomo o come donna, allora questa libertà è anche la libertà di mettere in dubbio quello che c’è scritto in uno o più libri scritti molto molto tempo fa, in un contesto decisamente diverso da quello di oggi.

Per il tuo progetto hai deciso di utilizzare una strategia di ‘Crowdfunding’.

Musicraiser. Ho scelto questa piattaforma di ‘Crowdfunding’ – di raccolta di finanziamenti dalla comunità degli utenti Internet – perché ha una base solida e affidabile, una presenza consolidata sul Web. Musicraiser è una piattaforma di raccolta fondi che promuove solo progetti a base musicale; esiste da qualche anno e ha già finanziato progetti importanti. Mi piace perché adotta la politica del ‘tutto o niente’: credi nella campagna, prenoti e decidi la tua ricompensa, e versi il contributo che hai deciso. Se la mia campagna va in porto io ricevo il finanziamento meno il quindici per cento, e chi ha finanziato riceve il suo premio; se la campagna non va a buon fine, gli investitori vengono rimborsati. Così non rischi niente; se non va a buon fine prendi i soldi indietro.

Quali sono i costi che prevedi, e le aspettative? 

Prima di tutto non è un’iniziativa a scopo di lucro, e quindi saremo molto soddisfatti se ha successo senza che questo voglia dire in nessun modo che abbiamo aspettative di guadagno.

I costi per il progetto sono alti. Per poter girare il video ci serve un teatro, ci serve un operatore video. Gli attori saranno volontari che credono nel progetto e mettono a disposizione il loro tempo senza chiedere ricompensa. Quello che costa più di tutto è l’agenzia di stampa; più contatti ha, più costa.

Come sta andando la raccolta?

Adesso siamo arrivati al cinquanta per cento; la campagna di raccolta fondi finisce al dieci di luglio.

Chi è Igor Longhi?

Nessuno in particolare. È un uomo con un ideale, che vorrebbe restare quello che è. Anche nella musica.

Roberto Srelz © centoParole Magazine – riproduzione riservata

(trovi Igor Longhi anche su Soundcloud ).

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